Gravidanza

Le 40 settimane di gravidanza

Esami e controlli in gravidanza

La gioia di fronte al risultato positivo del test di gravidanza si trasforma quasi subito in ansia per le tante cose da fare in tema di controlli e visite.
È bene cominciare a programmare per tempo tutte le scadenze e tenere a mente la lista degli esami a cui sottoporsi per avere rassicurazioni sulla propria salute e quella del piccolo. Dunque, quali sono gli esami da fare in gravidanza?

Primo trimestre

1) BetaHCG
È il primo passo da compiere dopo aver fatto il test. Potete chiamare il ginecologo e farvele prescrivere oppure, se non volete aspettare, andare direttamente in un laboratorio d’analisi per effettuare l’esame. È un semplice prelievo del sangue che misura la quantità di BetaHCG in circolo. Sono ormoni che il corpo comincia a produrre in risposta al cambiamento di condizione in atto, la conferma indubitabile dell’esito del test di gravidanza, che di per sé è già molto affidabile.

2) Visita dal ginecologo
A questo punto, dovete rivolgervi a un ginecologo, sia esso privato o di una struttura pubblica. Durante la prima visita, il medico effettuerà un’ecografia interna, confermando il corretto avvio della gravidanza. Se già non vi conosce, chiederà informazioni sulla vostra storia clinica, se ci sono malattie familiari da segnalare, ad esempio ipertensione o diabete. Annoterà il vostro peso e vi indicherà una data presunta per il parto.

3) Esami del sangue e delle urine
Il ginecologo prescriverà anche gli esami del sangue e delle urine. Fra questi, è importante escludere Hiv, rosolia, epatite e toxoplasmosi. Se siete negative alla toxoplasmosi, allora il test andrà ripetuto periodicamente perché l’infezione, soprattutto nei primi mesi, è pericolosa per il feto. Per quanto riguarda la rosolia, l’ideale sarebbe averla già avuta o essere vaccinate. In caso contrario, vale il discorso precedente, il valore andrà ricercato anche nei successivi esami. Se non se n’era già a conoscenza, verrà prescritto un esame anche per il papà per stabilire il gruppo sanguigno e la negatività per Hiv ed epatiti.

4) Esami per le malattie genetiche
La maggior parte delle donne viene indirizzata dal proprio ginecologo verso test non invasivi quali la traslucenza nucale e il bitest allo scopo di escludere la sindrome di Down, l’anomalia cromosomica più comune.
L’esame va fatto fra l’undicesima e la quattordicesima settimana di gestazione. È un esame che offre un’alta percentuale di efficacia, ma non la sicurezza assoluta. La traslucenza nucale si basa infatti su un calcolo statistico. Viene misurato il liquido che si forma dietro la nuca del feto e il dato viene interpretato all’interno di determinati parametri statistici.

Lo studio del DNA fetale circolante nel sangue materno (non invasive prenatal testing – NIPT) é un recente esame prenatale non invasivo che, analizzando il DNA fetale libero circolante isolato da un campione di sangue materno dalla decima settimana in avanti, valuta la presenza di aneuploidie fetali relative ai cromosomi 21, 18, 13 ed ai cromosomi sessuali (X e Y).

Il test prevede anche l’opzione di un approfondimento diagnostico di secondo livello, che consente di individuare la presenza nel feto di alterazioni cromosomiche strutturali ed alcune comuni sindromi da microdelezione/microduplicazione (S. di Di George, S. cri-du-chat, etc..).

La risposta viene fornita in 8-10 giorni lavorativi ed è estremamente affidabile, in quanto ha un’attendibilità superiore al 99% nel rilevare le Trisomie 21, 18 e 13, e del 95% per rilevare la monosomia X con percentuali di falsi positivi inferiori allo 0,1%. Il test prevede, inoltre, la determinazione del sesso fetale, informazione aggiuntiva gradita alla paziente ed utile alla gestione di eventuali malattie genetiche legate al sesso.

Questa tecnica è, al momento, indicata in :

  • gravidanze singole nelle quali è sconsigliabile la diagnosi prenatale invasiva (elevato rischio di aborto spontaneo, gravidanze derivanti da fecondazione assistita),
  • positività ai test di screening del primo o secondo trimestre,
  • pazienti considerate comunque ad alto rischio,
  • pazienti che richiedono una attendibilità maggiore rispetto al test di screening del primo trimestre(99% per la S. di Down contro il 90%)

Questo esame inoltre non fornisce informazioni su altre patologie cromosomiche diverse da quelle sopracitate (ad esempio le traslocazioni). Si tratta comunque di un test di screening molto accurato per la ricerca delle trisomie 21, 18 e 13, ma non di una diagnosi di certezza. L’ecografia del primo trimestre rimane, comunque, un momento insostituibile del percorso della gravidanza ed integra questa analisi fornendoci ulteriori elementi di conoscenza.Si tratta, quindi, di un test di screening di seconda linea estremamente attendibile che consente di ridurre drasticamente il numero di procedure invasive ed il relativo rischio di aborto e che richiede, comunque, una attenta consulenza genetica e la diagnosi prenatale invasiva tramite villocentesi o amniocentesi per la conferma nei casi risultati positivi.

Per escludere in maniera certa la presenza della sindrome di Down e di altre trisomie, è necessario invece sottoporsi a villocentesi o amniocentesi. Sono entrambi esami invasivi che presentano un lieve rischio di aborto spontaneo, calcolabile attorno all’1 per cento. Differiscono per il tipo di procedura e per l’epoca in cui si effettuano: la villocentesi fra l’undicesima e la tredicesima settimana, l’amniocentesi fra la sedicesima e la diciottesima.
Per escludere alcune malattie genetiche, si effettuano particolari esami ematici volti a ricercare condizioni specifiche quali fibrosi cistica, anemia mediterranea, sordità congenita, atrofia muscolare spinale e sindrome dell’X fragile.

Secondo trimestre

1) Ecografia morfologica
È forse l’esame più atteso dai genitori perché conferma la corretta formazione del feto, oltre a svelare il sesso del nascituro, sempre che non abbiate già fatto villocentesi o amniocentesi. Si effettua fra la diciannovesima e la ventiduesima settimana.

2) Curva glicemica
Fra la ventisettesima e la ventinovesima settimana viene prescritto l’esame della curva glicemica, per escludere il diabete gestazionale. I prelievi sono due, uno a digiuno. Poi si beve una soluzione contenente glucosio e dopo circa un’ora si ripete l’esame.

3) Corso preparto
Alla fine del secondo trimestre è molto utile iscriversi a un corso preparto. Vengono tenuti da ostetriche che risponderanno a tutti i vostri dubbi sul parto. Oltre a rassicurarvi, vi consentirà di legare con altre donne nelle vostre condizioni.

Terzo trimestre

1) Controllo ginecologico
Nel corso delle ultime visite, il ginecologo continuerà a valutare i vostri esami e le misure del bambino, controllandone allo stesso tempo la posizione, che a questo punto dovrebbe essere già quella definitiva a testa in giù.

2) Ecografia accrescitiva
Si tratta di un esame che serve a stabilire se il liquido amniotico è ancora sufficiente e se il bambino continua a crescere in maniera corretta.

3) Tampone vagino-rettale
Esame fondamentale da effettuare attorno alla trentaduesima settimana. Serve a escludere eventuali infezioni da Streptococco beta-emolitico di gruppo B. In caso di positività, al momento del parto dovrete assumere una terapia antibiotica che protegga voi e soprattutto il bambino, che potrebbe infettarsi durante l’espulsione.

4) Monitoraggi
Anche in questo caso, i medici controllano la consistenza del liquido amniotico a disposizione del bambino e il battito del suo cuore. Se le doglie tardano – eventualità abbastanza comune nel caso di un primo figlio – i monitoraggi vengono effettuati fino a 41 settimane e qualche giorno, dopodiché in assenza di novità i medici dovranno indurre il parto con la somministrazione di prostaglandine e ossitocina.

TUTTI QUESTI ESAMI E CONTROLLI POSSONO E DEBBONO ESSERE MODIFICATI IN BASE ALLE CONSIDERAZIONI EVIDENZIATE DALL SPECIALISTA

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Aborto Spontaneo (precoce e ricorrente)

Si definisce aborto precoce quello che si verifica entro la 20a settimana; si verifica nel 15-20% di tutte le gravidanze; nella maggior parte dei casi si manifesta entro la 13a settimana. A volte si verifica tanto precocemente che la donna non è nemmeno consapevole di aver avuto una gravidanza.

I sintomi più frequenti sono le perdite ematiche e i dolori addominali, ma possono mancare completamente. In caso di espulsione di materiale, questo va raccolto e fatto esaminare dal medico.

Dopo l’aborto, spesso del materiale ovulare rimane in utero e va rimosso con un raschiamento; nei giorni successivi al raschiamento va consultato il medico in caso di perdite ematiche abbondanti, febbre o forti dolori addominali. L’ovulazione potrebbe verificarsi già due settimane dopo l’aborto e quindi potrebbe instaurarsi un’altra gravidanza.

In caso il gruppo di sangue della donna che abbia avuto un aborto spontaneo risulti di gruppo Rh negativo, va eseguita una profilassi con immunoglobuline per evitare il rischio di formazione di anticorpi che potrebbero creare problemi nelle gravidanze successive.

Conseguenze psicologiche di un aborto

In molte donne i problemi psicologici conseguenti ad un aborto durano molto più a lungo di quelli fisici. Anche se la gravidanza si interrompe molto presto, il legame fra madre e feto può essere forte e la sensazione di perdita molto intensa. Molte donne si interrogano sulla causa dell’aborto e spesso si colpevolizzano senza motivo. Si possono verificare cefalee, perdita dell’appetito, stanchezza, difficoltà di concentrazione e insonnia. La sensazione di pena può essere diversa da quella del o partner e questo può creare tensioni, incomprensioni, attriti. In questi casi è molto importante parlare con il proprio medico. Colpevolizzarsi è inutile e senza senso. Molti aborti precoci non possono essere previsti e nella maggior parte dei casi sono seguiti da gravidanze del tutto normali.

L’aborto spontaneo è la più frequente complicanza della gravidanza.

Il rischio che una gravidanza esiti in aborto spontaneo aumenta dopo ogni aborto, anche se circa il 90% delle donne con aborto spontaneo sporadico porta a termine la gravidanza al successivo tentativo.

Il rischio di aborto varia dal 14 al 17% dopo il primo insuccesso riproduttivo ed è del 38% dopo due aborti consecutivi.

Il singolo episodio abortivo è detto “sporadico”. Due episodi abortivi sono detti “aborti ripetuti”, tre o più “aborti ricorrenti”.

L’aborto spontaneo è definito:

  • “Pre-embrionale” se avviene entro la 5a settimana di gestazione;
  • “Embrionale” se avviene tra la 6a e la 9a settimana;
  • “Fetale” se avviene dalla 10a settimana fino a 25 settimane e cinque giorni (180° giorno di amenorrea);

L’aborto spontaneo può manifestarsi con perdite ematiche (in genere per anomalie dell’ambiente uterino o malattie materne) o con morte del prodotto del concepimento (per disordini cromosomici, sindromi genetiche, cause autoimmuni, etc.).

Molto spesso la causa di un aborto spontaneo è ignota, e quelle più frequentemente implicate nel determinare tale patologia sono:

  • Anomalie morfologiche del prodotto del concepimento;
  • Anomalie cromosomiche;
  • Disordini ormonali (diabete, malattie della tiroide, insufficienza luteale);
  • Infezioni (sifilide, micoplasma, ureaplasma, etc);
  • Altre cause (fumo, alcool, droga);
  • Traumi (quali i comuni incidenti ed investimenti automobilistici) costituiscono la principale causa di aborti isolati, seguono in ordine i traumi sportivi, le conseguenze delle aggressioni, ed infine i traumi domestici.
nascita

[nella foto un “Parto Cesareo”]

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